La macerazione della canapa era un’operazione indispensabile per ottenere la fibra necessaria alle successive lavorazioni. La sua funzione principale era quella di favorire la separazione della parte fibrosa esterna dalla parte legnosa interna mediante processi biochimici indotti dall’acqua stagnante. L’acqua ferma dei fossati era un habitat ideale per i microrganismi che contribuivano al distaccamento del tiglio.
A fine estate, dopo la raccolta, le piante erano riunite in fasci. Questi venivano disposti a strati alterni nei maceratoi, fissati al fondo con grosse pietre ed erano lasciati a macerare per un periodo variabile tra cinque e venti giorni. I gas che si sviluppavano durante la fermentazione, oltre a ed essere maleodoranti, potevano provocare febbri da esalazione ed è per questo motivo che, fin dai tempi più antichi, questi speciali fossati vennero realizzati il più possibile lontano dai centri abitati. Trascorso il tempo necessario, i fasci venivano tirati fuori dall’acqua e disposti a cono ad asciugare nei campi. Successivamente erano trasportati nelle cascine per la stigliatura, pratica realizzata a mano da donne e bambini.