È ornamento anzi tutto e dà prestigio all’antico Marchesato di Saluzzo Carmagnola, insignita dal Principe del titolo di città, che presentiamo qui al lettore esattamente delineata.
Dista essa dalle città di Torino, Saluzzo e Fossano per un tratto quasi uguale di dieci miglia italiche, e si pensa abbia preso il diminutivo Carmagnola dalla confinante città di Caramagna: appunto la piccola Caramagna. Ma tuttavia, poiché gli abitanti delle città poste intorno gradatamente si fondevano in questo unico centro, attirati dalla convenienza della posizione e dalla opportunità di traffici diversi in ogni direzione, la figlia superò in grandezza la madre e divenne di gran lunga più importante della principale per i luoghi di accesso; si sviluppò infatti in breve tempo nel numero dei cittadini, nella grandezza delle opere, nella eleganza degli edifici.
Accadde che non solo quando si respiravano le influenze del Marchesato di Saluzzo godette del titolo di Contea, con cui essi, finché durarono, erano soliti onorare il primogenito della famiglia dei Marchesi, ma anche (questa è la fatale vicissitudine delle vicende umane) quando quel potentato vacillò, e combattevano molto duramente tra loro i Cesariani e i Galli nel secolo scorso in Piemonte, tuttavia Carmagnola, benché provata dall’assedio, resistette e accrebbe la sua fama in mezzo alle vicende della guerra.
I Galli infatti, dopo aver fortificato la città con nuove mura e aver scavato nuovi fossati dall’esterno, sempre colmi di acqua, disposti e ampliati per la difesa quei luoghi che costituivano la preesistente cittadella, poterono opporsi e ostacolare l’impeto dei Cesariani che procedevano, i quali occupavano Carignano, lontano non più di sei miglia, con un presidio armato.
Ma ora, dopo che alla città stessa furono aggiunte, secondo i canoni della architettura più recente, validissime difese e pochi lustri fa, mentre scriviamo queste cose, durante la guerra furono rase al suolo alcune costruzioni periferiche troppo vicine alle mura per opera degli stessi Galli, i quali per altro avevano occupato di nuovo il territorio di Carmagnola, ora dico, questa cittadella può essere considerata fra le più fortificate piazzeforti militari di tutto il Piemonte.
Con le rovine di questi sobborghi che ho ricordato, altri quattro di poco inferiori per grandezza ai precedenti, tuttavia separati dalla città da cinquecento passi, cominciarono ad essere costruiti sin dalle fondamenta: le loro case furono ripartite in quattro diverse Parrocchie, non meno frequentate da cittadini, i quali, tenendo conto di quelli che vivono fra le mura, si dice superino le 6500 anime.
La Chiesa parrocchiale, di amplissima struttura, situata nella parte occidentale della città, vanta il venerando capitolo di tredici canonici, di cui tre si distinguono per dignità. Essi furono istituiti, su richiesta del Marchese Ludovico II, dal pontefice Sisto IV nell’anno 1474, e furono loro assegnate anche le rendite di alcune chiese minori che si trovano sul territorio carmagnolese. Per di più questa chiesa possiede la maggior parte delle reliquie del Martire Plinio, donate ai canonici dal padre Francesco Giovanni da Monte Rotondo, generale dei Cappuccini, che le portò dalla Sardegna.
Ci sono inoltre gli asceti agostiniani, nella parte meridionale della città, in una elegante chiesa situata all’estremità della piazza principale; esistono anche, oltre all’Ospizio per i poveri, alcune Confraternite di laici dedite alle opere pie. Al di là delle mura cittadine vivono, oltre ai Cappuccini recentemente stabilitisi, i Minori che predicano l’ osservanza. Il loro convento (abbattuto con quelli della periferia), fondato fin dal 1493 sotto il titolo della SS. Annunziata, possedeva una chiesa, come scrive Paolo Brizio nell’opera Monumenta seraphica provinciae D. Thomae, la quale conteneva venti bellissime cappelle, sotto un’unica volta: la sua ampiezza e la sua imponenza erano tali che a stento sarebbe stato possibile trovarne una simile in tutta Italia. Più oltre narra che l’estensione del monastero era tale che poteva offrire un comodo domicilio a più di ottanta frati. Testimonia ancora Paolo Brizio di non aver mai visto in nessun luogo un dormitorio, sui cui lati si trovavano le celle, più alto, lungo, luminoso ed elegante: insomma l’intero ambito del luogo sacro, interamente circondato da un muro, con tanto di prati, orti, giardini e vigneti, ha l’aspetto non di un convento, ma di una città. Essendo stata abbattuta un’opera simile, come abbiamo detto, in seguito alla guerra, è stato costruito recentemente un altro monastero, benché più piccolo, a circa un miglio dalla città, vicino alla sacra cappella della Beata Vergine detta di Salsasio, celebre per i suoi miracoli.
Tuttavia è superiore a tutte queste opere la famosissima abbazia, detta di S. Maria di Casanova, situata all’interno de gli stessi confini carmagnolesi, edificata dai Marchesi di Saluzzo nell’anno 1130 circa, con la partecipazione dei Marchesi di Romagnano e grazie alla generosità dei Signori di Loreto, provvista di cospicue rendite. Vi risiedettero sin dalla sua fondazione monaci dell’ordine cistercense provenienti dal Monastero di Staffarda, ora soggetti ad un abate che chiamano titolare o claustrale; oltre costui, infatti, un’altra persona presiede alla amministrazione dell’abbazia da che fu ridotta in commenda, e fra questi vi furono il principe Maurizio di Savoia, un tempo cardinale della Santa Romana Chiesa, e suo nipote Maurizio Eugenio di Savoia, figlio del fratello Tommaso. Questo per quanto concerne gli edifici sacri di Carmagnola, che dipendono dal Vescovo di Saluzzo, nella cui diocesi sono compresi.
Per quanto riguarda l’Amministrazione civile, questa città è a capo dell’intera provincia e si erge su molte città e villaggi; qui il Prefetto, oltre al giudice ordinario preposto dal Principe, giudica le cause in seconda istanza.
Molto famoso è il mercato di Carttiagoola, che si svolge settimanalmente, a cui sono soliti giungere i commercianti, per vendere e per comprare, non solo dal Piemonte, ma anche dal Delfinato, dal Nizzardo e dalla Liguria. I frutti del suolo, l’abbondanza di lino, di canapa, di seta e la posizione della città quasi al centro del Piemonte, come abbiamo detto all’inizio, dalla quale è facile raggiungere ogni luogo, giovano a rendere frequentato il mercato.
Inoltre da questa città sono usciti uomini quanto mai illustri nelle armi e nelle scienze. Fra coloro che si sono dedicati all’arte della guerra, merita di essere ricordato quel famosissimo condottiero di truppe di nome Francesco Bussone, chiamato comunemente dagli storici il Carmagnola. Percorsi tutti i gradi militari, dapprima sotto Filippo Maria Visconti in qualità di comandante dell’esercito milanese, quindi sommo capo delle truppe venete, dopo essere stato accusato di tradimento nei confronti della Repubblica e incarcerato, giustamente come riportano Flavio Biondo e Pietro Giustiniano o ingiustamente come scrivono Giovio e Spondano, egli fu decapitato a Venezia, tra le due colonne; ma tutti gli storici imparziali lodano il Bussone poiché, ogniqualvolta si trovò a doversi scontrare con il nemico (cosa che gli accadde spesso) ne uscì vincitore, e sempre ebbe la fortuna come compagna del proprio valore militare.
Inoltre furono tanto numerosi i carmagnolesi che si dedicarono lodevolmente alle lettere che, per parlare di loro, pare necessario un’esposizione più estesa.
La sola famiglia dei Bucci ha dato Domenico Agostino, Domenico Filiberto, nonno, padre e nipote, il primo dei quali fu dottissimo filosofo e scrisse parecchi trattati di medicina, scienza che praticava; il secondo, eccellente professore della facoltà di filosofia dell’Università di Torino, inviato come ambasciatore presso più principi da Carlo Emanuele, primo duca di Savoia, lasciò molte opere che manifestano il suo nobile ingegno; il terzo, professore della stessa Università e facoltà, oratore e storico, fu destinato dallo stesso duca Carlo Emanuele all’ufficio di segretario di suo figlio Filippo Emanuele, principe di Piemonte. Lo stesso ceppo ha prodotto più oltre Filippo Bucci, esperto di diritto, insignito della Croce di S. Maurizio, il quale ha lasciato alcuni versi, e Gabriele Bucci, vicario generale degli Eremitani di Sant’Agostino, che ci ha lasciato tra le mani parecchi sermoni ed orazioni.
Tralascio i discendenti di altre famiglie, Francesco Gallina, Giacomo Novaresio, Pietro Giacomo Zoello, illustri medici e filosofi; Francesco Piscina e Giovanni Antonio Masoero, esperti in diritto, Giorgio Rizzacasa, matematico e astrologo; Nicola Basterio, filosofo e teologo che insegnò per molti anni all’Università di Pavia con fama di grande dottrina, e Francesco Maria Ferragatta, teologo e celeberrimo predicatore, entrambi seguaci dell’ordine agostiniano; infine Gugliemo Baldessano, canonico a Torino e storico ecclesiastico; di tutti costoro le azioni, le parole e gli scritti assicureranno eterna gloria a questa patria.